Nicola Bassi – La mia impresa nel Deserto del Gobi (3° parte)

Nicola Bassi ci racconta l’ultima e difficile parte della sua impresa nel Deserto del Gobi.

Dopo una decina di km senza grossi problemi sul GPS comparirono delle curiose scritte.. Li a lato non gli diedi troppo peso. Grosso errore! A circa 45/50km dalla fine iniziai a inoltrarmi nel bel mezzo di enormi dune di soffice e finissima sabbia. Cercavo di seguire il più fedelmente possibile la mia traccia GPS, ma l’avanzata era durissima.

Immerso nella sabbia fin sopra le caviglie scoprii che finissima com’era riusciva a filtrare nelle scarpe per accumularsi precisamente nella punta della scarpa e costringere le dita del piede ad una innaturale e dolorosissima posizione. Completamente inutili le apposite ghette. Così dopo averle svuotate un paio di volte mi ritrovai ad avanzare su queste enormi dune con le scarpe in una mano ed il GPS nell’altra. Scena davvero comica. Sperai di non trovare nessuno dei volontari dell’organizzazione, perché di certo mi avrebbe riso in faccia!

Dopo 6/7km uscii finalmente dalle dune. Altra scritta sospetta sul GPS, questa volta guardingo e all’erta come un coguaro.

Nulla mi avrebbe colto impreparato, credevo.

Invece inizia ad inoltrarmi in una serie di cespugli fitti e spinosi che non lasciavano scampo a gambe e piedi. Queste piccole spine infide e sottili avevano la capacità di infilarsi nella tomaia delle scarpe  per poi spezzarvisi e restarvici a punzecchiare il piede a oltranza, inutile cercarle con le mani. Usciti dalle spine attraversai diversi km di un durissimo tipo di terreno che non mi era mai capitato di vedere altrove. Una sorta di campo arato “grosso”, ma durissimo, una goduria per le mie povere caviglie, provate e martoriate dopo circa 370km.

Dopo questo calvario ero abbastanza provato e leggermente fuori di testa a causa delle quasi 4 notti trascorse senza dormire.

Raggiunsi il Rest Point 10 come se fosse un miraggio, un oasi nel deserto posta al km 371.1 per l’esattezza. Che a quel punto anche quei 100m in più avevano la loro importanza. Da li lo staff della gara mi assicurò il terreno sarebbe stato decisamente più facile! Partii, allucinato, completamente sfasato e senza aver minimamente creduto sulla facilità del prossimo tratto di percorso. Invece scoprii che il terreno era effettivamente relativamente percorribile. Tutto a posto quindi direte voi! Invece iniziarono una serie di curiose allucinazioni visive, ovviamente dovute alla carenza di sonno.

Vedevo persone sedute a bordo pista, intente a cercare chissà cosa nella sabbia. All’inizio mi spaventai, poi realizzai che non erano reali e le osservavo con un certo distacco. Riuscivo persino a correre senza sentire nessun dolore alle gambe. Molto probabilmente ero talmente allucinato e sfinito che non riuscivo nemmeno a percepirlo. Mi ritrovai parecchie volte ad aprire gli occhi come se mi svegliassi da un sonno profondo, invece stavo ancora correndo. Subito il mio sguardo correva con panico alla traccia GPS, per fortuna ero sul tracciato giusto.

Il mio cervello era letteralmente incapace di mantenere la concentrazione per più di qualche minuto senza disconnettersi e perdere completamente i sensi per qualche minuto.

Era veramente impossibile. Una cosa sola mi rendeva orgoglioso. Nonostante perdessi praticamente i sensi riuscivo a continuare a correre, senza uscire dalla traccia per giunta. Proseguii in questo stato per svariate ore, fino a che l’alba non iniziò a rischiarare l’orizzonte.

Il traguardo era veramente vicino circa una decina di km.

Iniziai a percorrere piste secondarie che conducevano verso l’arrivo. Gli ultimi km su strada secondaria fui scortato da un pick up della televisione locale. Sguardo perso, nessuna emozione, non dovevo essere nel mio stato di forma migliore per la televisione, peccato! L’arrivo. Un tappeto rosso con ai lati bandiere. Tamburi tradizionali all’ingresso. Fuochi a oltranza.

Dopo 80h42’ riuscii finalmente a tagliare il traguardo di una della avventure più dure e intense della mia vita!

Ero arrivato secondo al traguardo. Abbassando il tempo del vincitore dell’anno precedente di più di 11h. Primo italiano a finire la gara. Nonostante fossi sfinito, e completamente demolito fui veramente molto soddisfatto di me e di quello che ero riuscito a portare a compimento. La felicità sarebbe arrivata dopo. Dopo qualche ora di sonno e dopo un bel po’ di cibo. Per ora ero soddisfatto. Grato a tutti i volontari e a tutti i medici che ci avevano assistito lungo il percorso e ci avevano permesso di raggiungere il traguardo.

E in fondo in fondo, devo ammetterlo, ero davvero grato a me stesso. Per aver avuto la perseveranza prima di arrivare al via di questa durissima prova, per poi affrontarla e portarla a termine, nonostante mille imprevisti e mille difficoltà. Nonostante  il freddo della notte, il vento feroce, la solitudine del deserto, che ti costringe a guardarti dentro, a dialogare con la tua anima per verificare se le motivazioni che ti spingono verso il traguardo sono sincere o solo demoni del passato.

Volete chiedere ai nostri esperti come ci si prepara per un’impresa come quella di Nicola Bassi? Fate una domanda qui!